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Imprese & Professioni sabato 01 agosto 2020 ore 10:30

​Quella volta che il Pontedera batté i futuri vice-campioni del mondo

6 aprile 1994. Non sono passati neppure quattro anni dallo svolgimento di Italia ‘90, il momento di massimo splendore nella storia del nostro paese: l’Italia era diventata la quinta forza economica mondiale, per alcuni addirittura la quarta, ed un paese intero spingeva affinché gli Azzurri di Azeglio Vicini cogliessero il quarto titolo mondiale a soli otto anni di distanza da Spagna ‘82.



PISA — Il precipitarsi degli eventi intercorsi tra il 1990 e la primavera del 1994, mutarono, definitivamente, il volto del nostro paese. Dalla grande crisi economica del 1992, che costrinse il governo Amato ad una patrimoniale retrodatata per mettere al sicuro i conti del paese dagli attacchi speculativi, al tintinnio delle manette di Tangentopoli, che spazzò la classe politica degli ultimi quarant’anni, l’Italia si ritrovò decisamente più insicura e meno ricca.

Il giovane D’Arrigo al cospetto del vate di Fusignano

Dieci giorni prima di quel fatidico 6 aprile, l’Italia diede in mano le chiavi del paese a Silvio Berlusconi, dando vita alla cosiddetta “Seconda Repubblica”. Un punto saldo ai quei tempi, perlomeno nella sfera maschile, era costituito, come amava definirla l’inimitabile Gianni Brera, dall’amore verso la Dea Eupalla. All’epoca, il Milan, capace di fare incetta di trofei a livello internazionale, era la squadra più forte ed ammirata al mondo

E lo divenne, verso la fine degli anni ‘80, grazie ad un uomo umile e sconosciuto al grande calcio, che dalla piccola Parma, all’epoca non ancora di proprietà della famiglia Tanzi e mai approdata - sino a quel momento - nella massima serie, spiccò il volo verso Milanello: Arrigo Sacchi. Il Vate di Fusignano, grazie anche ai giocatori messigli a disposizione dalla società, cambiò radicalmente la storia e la filosofia del calcio italiano, attuando un gioco propositivo e divertente che, nei principi cardine, si rifaceva alla grande scuola del calcio olandese.

Mentre Arrigo da Fusignano mutava radicalmente la filosofia calcistica italiana, un Francesco, di cognome D’Arrigo, terminava la propria carriera di onesto calciatore toscano, che lo portò a vestire anche le prestigiose maglie di Empoli e Lucchese, nelle fila del Cuoiopelli. Già in campo si intravedeva che il ragazzo aveva tutti i requisiti per poter allenare ad alti livelli. Ed ha soli 32 anni, lo stesso Cuoiopelli gli affidò la panchina della prima squadra.

Come buona parte dei giovani tecnici di inizio anni ‘90, D’Arrigo si ispirava al “sacchismo”, una sorta di filosofia che andava oltre al mero concetto calcistico. E ne era, senza alcun dubbio, tra i più ferventi seguaci. Nel momento in cui si sedette in panchina, non avrebbe mai immaginato che, a distanza di pochi anni, potesse cogliere l’opportunità di sfidare il “Maestro”. Ma in quel 6 aprile 1994, nella splendida cornice di Coverciano, ciò avvenne.

“La palla è rotonda”: frase non retorica ricordando quanto avvenne il 6 aprile 1994

L’epopea d’oro di Sacchi in rossonero, si chiuse mestamente sotto i riflettori, spenti, del Velodrome di Marsiglia. Ma il tecnico di Fusignano, dopo alcuni mesi di pausa, rientrò nel mondo del calcio dalla porta principale: grazie ad un contratto principesco, accettò di prendere in mano le redini della Nazionale. Anche D’Arrigo, nel frattempo, proseguiva nella sua ascesa nel mondo professionistico: dopo il Cuoio, ed un anno alla Sestese, accettò di guidare l’ambizioso Pontedera, che, sotto la sua guida, stupì positivamente per la qualità del gioco espresso.

Arrigo da Fusignano, incantato da quella squadra toscana, decise di organizzare un’amichevole, seppur non ufficiale, tra la Nazionale e il Pontedera, che avvenne, per l’appunto, quel fatidico 6 aprile 1994. L’Italia, dopo aver colto l’accesso ad USA ‘94 solo al termine di un tesissimo spareggio contro il Portogallo, era reduce da alcune prestazioni tutt’altro che esaltanti contro Germania e Francia, mentre il Pontedera, grazie a 24 risultati utili consecutivi, viaggiava col vento in poppa verso la prima storica promozione in Serie C/1.

Un match, sulla carta, dall’esito scontato, a differenza di quanto avviene nei migliori siti casino, dove l’incertezza e la suspence sono le protagoniste assolute. Tra le frasi preferite da allenatori, giocatori e dirigenti calcistici, spesso dense di retorica, “la palla è rotonda” e “si parte sempre dallo 0-0” sono, di fatto, le più diffuse. Ma quel 6 aprile 1994, furono a dir poco profetiche.

D’arrigo mise le pive nel sacco al più noto Arrigo. Il Pontedera, infatti, con un incredibile “uno-due”si portò sul 2-0 grazie alle reti di Rossi (19° minuto)ed Aglietti (22°minuto), quest’ultimo, valdarnese doc, destinato in seguito ad una brillante carriera sia in campo che in panchina.

L’ammiratore batte il proprio mito: D’Arrigo inferse la sconfitta più bruciante all’Arrigo Nazionale

Nella ripresa, gli Azzurri accorciarono le distanze con Massaro, che sfiorò, nel finale di partita, il goal del pareggio cogliendo la traversa della porta difesa da Drago, l’unico, di quel Pontedera, che aveva in passato calcato il palcoscenico della Serie A, negli anni ‘80 con la maglia dell’Empoli.

Un’impresa festeggiata, in quel di Pontedera, come la vittoria di un Mondiale: caroselli di auto festanti e gente riversata nelle strade cittadine. La Gazzetta dello Sport, il giorno seguente, aprì con un titolo inequivocabile, seppur farcito di ironia: “Ai Mondiali il Pontedera”.

Da Arrigo a D’Arrigo: il trono di allenatore più popolare del panorama calcistico nazionale, seppur per un giorno soltanto, fu del giovane Francesco. Con buona pace del Vate di Fusignano, che, in una recente intervista, ha definito la sconfitta contro il Pontedera come la “più umiliante” subita in carriera. 


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