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Attualità sabato 04 giugno 2016 ore 16:15

​"Quel giorno che passai con Ali"

Il pugile senegalese omonimo dello statunitense ha parlato della sua scomparsa e di quando lo incontrò. Il gioco col fazzoletto bianco



PONTEDERA — "Ho provato a scrivere ma non ho le parole per esprimere i miei sentimenti verso di te Ali, Che Allah ti riceva con dolcezza in paradiso, grazie ai tuoi insegnamenti per l'umanità. Mi mancherai tanto e mi ricordo quel giorno del 1989 a Dakar..." il ricordo commosso è quello di Mouhamed Ali Ndiaye, pugile senegalese che da anni abita a Pontedera.

Dopo la scomparsa dell'omonimo pugile americano, definito da più parti e da Sandro Mazzinghi, il miglior peso massimo della storia, l'Ali pontederese ha aggiunto: "Nella mia vita ho avuto due sogni. Diventare campione del mondo e incontrare di nuovo Mouhamed Ali. Quest'anno ho smesso di boxare, quest'anno è morto Alì. Che coincidenza".

L'atleta senegalese, oggi impegnato in varie azioni benefiche, ha ricordato, rivolgendosi proprio al campione Usa "quando giocavi come me con un fazzoletto bianco a farlo sparire tra le tue mani e ridendomi guardando da l'altro parte e io ti seguivo. Ringraziando mio papà Moussa Ndiaye per avermi il dato nome di Mouhamed Ali".

Nel Una Vita in Pugno, edito nel 2005, lo scrittore Riccardo Minuti ha riportato l'incontro tra i due Ali.

Di seguito: "All’età di dieci anni, Alì ragazzino, con tanta emozione e una maggiore consapevolezza, riceve un altro premio nella sua esistenza da predestinato per la boxe. Muhammad Alì “il più grande” torna di nuovo a Dakar e memore del suo ruolo di “padre putativo” vuole incontrare quel piccolo ormai adolescente. E’ tutto documentato nella pagina di un quotidiano del Senegal del 14 gennaio 1989, un po’ stropicciata, ma conservata gelosamente ancora oggi dal giovane Alì. I suoi ricordi sono molto lucidi e resteranno sicuramente indelebili nella sua mente per la vita.

“Il grande Muhammad Alì volle incontrarmi e fu così che papà Moussa prima di recarsi al lavoro, al mattino mi condusse all’albergo per trascorrere una giornata insieme a Lui”.

“Riuscivo a capire molto poco quello che diceva, ma ricordo benissimo che il grande Alì rideva molto. Giocò e si intrattenne con me tenendomi sempre al suo fianco, mi fece vedere tutti i suoi giochi di prestigio e poi all’ora della grande cerimonia organizzata per il pranzo, volle che mi sedessi accanto a lui. Ne fui così orgoglioso da toccare il cielo con un dito”.
“Poi mi portò nella sua camera e mi fece tirare dei pugni facendo delle figure di “vuoto”, mi consigliò come correggere alcune impostazioni e mi baciò in un modo molto affettuoso che non dimenticherò mai”.


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