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Politica domenica 28 febbraio 2016 ore 19:55

Unione, 1900 metri quadri da discutere e non solo

Dai costi della sede in via Brigate Partigiane ai servizi, le cariche, le posizioni dei sindaci. La Valdera che si ferma è perduta. Bisogna rilanciare



PONTEDERA — C’è chi l’ha sempre criticata dall’inizio, chi ha iniziato ora, chi le riconosce appena qualche difetto e chi la difende a spada tratta. È certamente questa poliedricità di posizioni a mettere in dubbio, ora più che mai, quella grande struttura politica e amministrativa che è l’Unione dei Comuni della Valdera. Una struttura valida al tempo in cui fu costituita, ma che ora deve fare i conti con indubbi cambiamenti geopolitici locali e stringenti normative regionali e nazionali di razionalizzazione degli enti.

Prima a 15, poi a 14 con l’uscita di Crespina, a 13 con la fusione (ma anche la permanenza) di Casciana Terme e Lari, infine a 12 con l’abbandono di Santa Maria a Monte. Nata ufficialmente il 30 ottobre 2008 come la prima unione di Comuni in Toscana e forte dei suoi oltre 106mila abitanti, il sovraente comunale della Valdera rischia ora di perdere altri pezzi per strada. La colpa, se così si può dire, è di quattro comuni, tutti sotto i cinquemila abitanti, tutti obbligati per il decreto Delrio a fondersi entro il 2020, tutti facenti parte dell’alta Valdera. Comuni che, dal momento in cui hanno rinnovato le legislature nel 2014, hanno imbastito un crescente lavoro di approfondimento e critica della gestione dell’Unione.

Il dibattito che si è acceso in questo tempo e che ha infiammato sia le “segrete” stanze della politica che le pubbliche pagine dei quotidiani, sembra ora essere arrivato al culmine con l’aut aut lanciato da questi quattro municipi: o si mette in discussione tutta l’Unione o si passa a otto membri.

Una linea a cui si è sempre più avvicinato anche la sindaca di Ponsacco Francesca Brogi che durante una recente riunione insieme ai colleghi della Valdera, i segretari Pd dei vari Comuni e i consiglieri delegati all'Unione, avrebbe scosso gli animi dei presenti tuonando ciò che quei quattro secessionisti pretendono già da un po', e cioè che occorre ridisegnare la macchina dell'Unione per renderla più efficiente e per dargli un chiaro indirizzo politico-amministrativo da qui ai prossimi anni. 

Ma se la Brogi adesso batte i pugni sul tavolo insieme agli altri quattro, il ritmo dei colpi non sembra coinvolgere i più vicini territori di Capannoli e Palaia. Ultimo terzo di quello che un tempo fu il Parco dei sei Comuni dell'Alta Valdera, esperienza "pilota" di gestione associata di servizi che gli attuali sindaci Arianna Cecchini e Marco Gherardini sembrano vedere come un evento del passato che là deve rimanere. Se a Palaia il sindaco ha discusso del tema con i suoi cittadini attraverso incontri pubblici, a Capannoli la maggioranza politica per ora resta chiusa in municipio ma si dice che non sia proprio sulla stessa lunghezza d'onda della Cecchini.

Il quadro è vario e instabile, insomma, e i punti deboli di questa Unione che possono farla cadere a pezzi o - se rinsaldati - la faranno rinascere, sono molti. Primo fra tutti, il caso della sede degli uffici. Quello stabile in via Brigate Partigiane, interno al centro commerciale dove ha sede anche il supermercato Coop, per cui l'ente dei Comuni paga all'Unicoop Firenze un affitto per uffici arredati di 20mila euro al mese dal 2010. Un costo all'epoca di mercato che ha sempre fatto piovere critiche, da parte delle opposizioni e non solo, perchè se diviso per i circa quaranta dipendenti che lavorano nella struttura, dà come cifra 6000 euro l'anno ad impiegato. Uno stabile che offre spazi funzionali e ampi, più o meno 1900 metri quadri di superficie, pensati forse per accogliere più persone visto che oggi ogni impiegato potrebbe usufruire da solo di un ufficio di circa 45 metri quadri.

Anche da qui probabilmente dovrebbe ripartire l'autocritica di questa Unione. Per proseguire poi verso la reale efficienza dei servizi, il senso delle cariche politiche, dirigenziali e tecniche, le somiglianze e le potenzialità dei singoli territori, guardando anche a quelli confinanti come Cascina e Vicopisano che sono sempre più integrati nel sistema Valdera che non in quello Pisano.

Così come nel 2008 l'Unione fu un esempio per una scelta di coraggio che guardava al futuro, anche oggi serve coraggio per non restare attaccati al passato e ai campanili. Serve rilanciare la sfida in avanti. Se la Valdera - come tutte le Unioni - vuol fare sentire la sua voce si deve attrezzare per stare ai tavoli dei governi regionali e nazionali, deve superare il localismo e diventare protagonista di un nuovo municipalismo europeo. Deve acquisire un peso politico ed economico che bilanci da subito quello di nuovi soggetti come le Città metropolitane che già stanno condizionando le scelte dei legislatori in proprio favore.

Servono scelte nette e comprensibili. Se realmente si vuole risparmiare sui costi di struttura, si abbia allora il coraggio di formare un'unica pianta organica e distribuire le direzioni dei servizi nei vari municipi. Se realmente si vuol far capire che l'Unione non è un "baraccone con una sede che costa e basta" si dimostri ai cittadini che i servizi, dal socio-educativo alla polizia municipale alla protezione civile, sono migliorati nella sostanza e non nella forma.

Occorre chiedersi che fine si fa fare al piano strutturale della Valdera, a quell'occasione di rilancio del ruolo dell'Unione. E se si intende continuare solo a discuterne, rischiando di perdere i finanziamenti regionali già stanziati.

Che cosa la Valdera vuole fare "da grande" prescinde dal numero dei sindaci seduti al tavolo e va oltre il numero di Unioni che potrebbero crearsi.

In tre parole: serve fare politica.

Irene Bauci


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